La decisiva azione militare e politica della Russia nella guerra al terrorismo in Siria

Quarta Internazionale Posadista, 23 ottobre 2015

L’incontro del Presidente Bashar al-Assad con il Presidente della Russia Vladimir Putin segna un passo molto importante per contrastare le azioni militari della NATO con le bande islamo-fasciste sul campo e i regimi reazionari in Medio Oriente. Che siano o no “a favore di Assad” o “a favore di Putin”, i movimenti di sinistra di tutto il mondo non possono non riconoscere che le azioni attuali della Russia in Siria e alla guerra permanente in Medio Oriente siano il fattore che permette, e permetterà di reagire all’espansione dello Stato islamico e dei suoi alleati in Iraq, Siria, nel Vicino e Medio Oriente e in Nord Africa. La guerra in Medio Oriente s’aggrava verso la guerra generalizzata ed è una lotta “campo contro campo” globale che accelera. La base fondamentale di tale processo è che il sistema capitalistico, nel complesso, non è solo in profonda crisi economica, finanziaria, sociale, ma ha perso la coscienza del dominio sul mondo. Vede crollare questo mondo “unipolare”, cioè la direzione che le grandi potenze imperialiste ottennero con lo smembramento dell’Unione Sovietica, la disintegrazione degli Stati dei lavoratori dell’Europa orientale e la dissoluzione del Patto di Varsavia. 
La “fine della storia” in realtà fu una riduzione significativa, ma non la fine delle lotte delle masse nel mondo, dei progressi rivoluzionari sociali, economici e politici, in particolare in America Latina. Il sistema capitalista non ha potuto integrare queste popolazioni in un contesto progressista. Qualsiasi avanzata progressista si dimostra antagonista a proprietà privata, concentrazione capitalista mondiale, concorrenza sfrenata e corsa implacabile al profitto. Medio e Vicino Oriente e Nord Africa, negli ultimi anni sono stati il più tragico teatro degli scontri per imporre il cosiddetto modello democratico del capitalismo occidentale. La primavera araba è diventata un terribile e mortale inverno, il campo di lotte feroci per mantenere controllo e profitti della ricchezza mineraria dei Paesi nelle mani delle potenze imperialiste: l’Iraq ha subito più di venti anni di guerra da Stati Uniti e Gran Bretagna, con il sostegno dalla NATO la Libia è stata distrutta dai bombardamenti atlantisti, Israele ha chiuso l’intera popolazione palestinese in un enorme campo di concentramento, l’Afghanistan è occupato da quindici anni da forze militari. La NATO, lungi dal ritirarsi, ora negozia il ritorno al potere dei terroristi taliban. Quando la Russia guida la risposta globale “contro i terroristi”, ha pienamente ragione nel definire con tale termine tutte le bande armate che si diffondono in Siria e Iraq: infatti, da dove provengono i “gruppi ribelli moderati” presentati dalla Coalizione occidentale? Questi terroristi di al-Qaida o al-Nusra sarebbero più moderati di quelli dello Stato islamico? A ciò si aggiungano i mercenari da Cecenia e Georgia. Certuni, come altri, sono stati spinti, finanziati, armati, telecomandati, consigliati o direttamente prodotti dai servizi speciali di NATO e partner come Israele, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti.
La creazione e veloce moltiplicazione di tali gruppi, che vanno definiti fascisti anche se sventolano una bandiera “islamica”, era volta a compensare il fallimento delle potenze occidentali nel lanciare ondate di propri soldati come carne da cannone. Il popolo è contro la guerra! Le guerre del Vietnam e dell’Iraq hanno già testimoniato resistenza e diserzione di molti soldati statunitensi.
Nell’ultima guerra in Afghanistan, la NATO ha voluto integrare la mancanza di fanteria pronta a sacrificarsi creando da zero, con miliardi di dollari, l’esercito “afgano” di 300000 soldati. Vediamo il risultato: non appena la manna di dollari e supervisione di istruttori militari stranieri diminuisce, i soldati disertano in massa. Ecco perché la NATO è volta a creare un esercito di “Rambo” chiamato “forza di reazione rapida”, dotato di armi altamente sofisticate, e a sviluppare e “modernizzare” aerei da combattimento, bombe atomiche e missili, e a moltiplicare droni ed eserciti mercenari come lo SIIL e altri. Alla fine del 2014, una nuova coalizione militare formata dalla NATO con partner nei Paesi più reazionari del Medio Oriente, è stata organizzata quale “coalizione dei volenterosi contro lo SI in Iraq e Siria”. Qual è stato il risultato? Lo SI ha fatto enormi progressi territoriali, anche se la coalizione ha annunciato di aver compiuto decine di migliaia di bombardamenti aerei. Quindi, ci si deve chiedere cosa hanno effettivamente bombardato? In realtà, il doppio gioco della coalizione atlantista è “combattere contro lo Stato islamico” e liquidare Bashar al-Assad e rendere invivibile la Siria! La coalizione ha bombardato senza sosta le aree in cui l’esercito siriano fedele al governo lottava e resisteva. L’Osservatorio siriano di Londra, difficilmente sospettato di simpatie filo-Assad cita 90000 morti tra i soldati siriani, (vale a dire quasi la metà dei decessi). In realtà, la Coalizione ha protetto l’avanzata dello Stato islamico e la sua espansione dall’Iraq a Siria e Nord Africa.

Putin e Bashar al-Assad

In Siria, l’obiettivo della Coalizione e dei suoi mercenari dello SI è liquidare l’alleanza della Russia con lo Stato siriano, risalente ai tempi dell’Unione Sovietica, con basi militari a Lataqia e Tartus. Questo è lo stesso obiettivo che la NATO persegue in Ucraina: la NATO cerca di circondare la Russia, di cacciarla dal Mediterraneo, di eludere ogni possibilità dei Paesi indipendenti in Medio Oriente di un’alleanza con la Russia per sfuggire al dominio occidentale. L’attuale decisione della Russia di bloccare NATO e partner della coalizione viene dal profondo del popolo, che è non solo “russo”, ma anche molto “sovietico”. L’area della attuale leadership della Russia, che esprime i sentimenti più sovietici nel popolo, è l’esercito. L’allerta lanciata dai militari russi ha avuto un’eco nella leadership politica guidata da Putin. Hanno preparato congiuntamente l’offensiva militare e politica che rapidamente aiuterà a sbarazzarsi del barbaro Stato islamico e a costringere la Coalizione atlantista a negoziare con il governo di Bashar al-Assad. Si tratta di un omaggio soprattutto alle masse siriane, che in maggioranza non hanno abbandonato il loro Paese, che non si sono volte allo SI o alle forze della Coalizione atlantista, e ancora resistono difendendo il proprio Paese. Negli ultimi quattro anni, l’esercito del governo siriano ha combattuto coraggiosamente per difendere lo Stato siriano e il governo di Bashar al-Assad. Se era il “tiranno sanguinario”, “il dittatore feroce” di cui i nostri media continuamente ci riempiono la testa, il popolo siriano avrebbe approfittato delle condizioni della guerra per sbarazzarsene. Dobbiamo chiederci: perché l’opposizione moderata ha detto che non poté rovesciare il governo, nonostante l’enorme aiuto ricevuto da Unione Europea e NATO? La Siria della presidenza Bashar al-Assad, come la Libia di Gheddafi, è tra i Paesi più avanzati della regione, la cui organizzazione economica e sociale redistribuisce la ricchezza nazionale, recuperandola dalle grinfie delle multinazionali e delle potenze imperialiste. Dopo quattro anni di bombardamenti della coalizione internazionale telecomandata dalla NATO, dopo la creazione di questo esercito di mercenari che forma lo Stato Islamico, non sono riusciti a liquidare lo Stato siriano né il governo di Bashar al-Assad. Un fronte antimperialista internazionale si forma con la guerra in Siria. La decisione della Russia d’intervenire militarmente con decisione per porre fine allo SI e a tutti gli altri gruppi mercenari, così come la politica della presidenza Putin che forza le trattative con il governo di Bashar al-Assad, sono un importante contributo al rafforzamento del fronte antimperialista.
Ciò è espresso immediatamente dall’intervento congiunto di Russia e Cina, dal sostegno espresso dai Paesi dell’America Latina che costituiscono ALBA e UNASUR, dal governo iracheno, dal coinvolgimento diretto dei movimenti militar-politici della regione come il libanese Hezbollah, la Guardia Rivoluzionaria iraniana, alcuni movimenti curdi iracheni e siriani. In Europa e negli Stati Uniti, il movimento che si oppone alla guerra in Siria e a qualsiasi coinvolgimento del governo nella coalizione atlantista è in crescita.





Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

 

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