Putin riderà per ultimo delle sanzioni occidentali

Scott Belinski, Oilprice 2 aprile 2015

In ciò che può sembrare ulteriore “esempio di sfida alle sanzioni”, il 27 marzo la Cina annunciava che avrebbe finanziato il gigante petrolifero francese Total, con 15 miliardi dollari da investire nel progetto Jamal LNG nel nord della Siberia. Nonostante le dure sanzioni occidentali al socio di maggioranza di Jamal, la società gasifera russa Novatek, il progetto difficilmente ne sarà scalfito. Inoltre, Jamal guarda a un mondo in cui la Russia non dipende più dai finanziamenti occidentali. Il progetto da 27 miliardi di dollari nella penisola di Jamal, di proprietà di Novatek (60%), Total (20%) e CNPC (20%) si propone di attingere alle vaste riserve di gas nel nord ovest della Siberia, contenenti l’84% del gas della Russia, raddoppiando la quota della Russia nel mercato in rapida crescita del gas naturale liquefatto. La regione artica conterrebbe il 22% del petrolio e del gas ancora da scoprire del mondo, con la maggior parte del gas non sfruttato presente nel territorio della Russia. Attualmente, la capacità GNL della Russia ammonta a 10mtpa, ma il progetto Jamal LNG lo più che raddoppierà. Pronto ad iniziare le esportazioni nel 2017, il progetto Jamal LNG esporterà 16,5 milioni di tonnellate di GNL all’anno; pari a 6 mesi di consumo del gas della Francia. Infatti, prima della morte, l’ex-amministratore delegato di Total Christophe de Margerie ebbe un approccio “business as usual” con la Russia, nonostante le sanzioni, insistendo sul fatto che “dobbiamo fare questo progetto”. Tuttavia, l’annuncio del passo di Total verso la Cina per ulteriori finanziamenti per il piano Jamal mostra che l’approccio “business as usual” ha avuto un bel intoppo. Infatti, dopo anni d’interdipendenza occidentale-russa sui progetti energetici, il regime delle sanzioni sembra aver spinto Mosca decisamente verso l’Asia, in cerca di sostegno, finanziamenti e know-how tecnologico.
Dopo oltre 20 anni di contrattazioni sulle punte, Cina e Russia firmavano un accordo per forniture di gas alla Cina 20ennale e da 700 miliardi dollari di valore, pari al 17% del consumo annuo di Pechino. Ma questo era solo il primo passo. Durante il viaggio in India nel dicembre 2014, il Presidente Putin e il primo ministro indiano Narendra Modi firmavano una serie di accordi bilaterali, soprannominati Druzhba-Dosti, diretti a promuovere la cooperazione nella difesa e nell’energia. Inoltre, gli accordi vedranno India e Russia “esplorare lo sviluppo congiunto di tecnologie per la lavorazione delle terre rare nell’Artico russo“. Annunciando l’accordo, Putin ha scherzato orgoglioso dicendo che, “Rosneft e Gazprom, le nostre grandi aziende, insieme ai loro colleghi indiani, preparano progetti per lo sviluppo dell’artico russo e per l’espansione del gas liquefatto“. La mossa non sorprendeva gli osservatori del settore, dati l’obiettivo della Russia di salvaguardare i propri programmi artici, ma la sua importanza non va sottovalutata. Mosca completa il perno in Asia cercando sostegno, finanziamenti e know-how tecnologico. Tale spostamento verso i partner asiatici indica una tendenza preoccupante per le future opportunità d’investimento delle società occidentali, che hanno le mani legate dalle sanzioni. Infatti, nel settembre 2014, Rosneft e ExxonMobil scoprivano vaste riserve di gas naturale e petrolio nel Mare di Kara, in Russia, ma a causa delle sanzioni imposte pochi giorni dopo, Exxon era costretta ad abbandonare il progetto da 700 milioni di dollari ritirandosi dall’Artico. Quindi, la Russia era costretta a volgersi a una partnership alternativa con i Paesi dell’Asia per avere le competenze tecniche necessarie a sviluppare i lucrosi pozzi artici. Dei 61 grandi giacimenti di petrolio e gas scoperti nel Circolo Polare Artico di Russia, Alaska, Canada e Norvegia, 42 sono situati in territorio russo. Mentre le sanzioni hanno seriamente intaccato l’economia russa e hanno colpito il rublo, hanno anche colpito il mercato delle società occidentali, le loro iniziative con compagnie russe e l’accesso a queste vaste riserve.
Nonostante siano esclusi finanziamenti e tecnologia occidentali, gli analisti esprimono ottimismo su Jamal, dato che il numero di persone che lavorano al progetto aumenterà da 6000 a 15000 alla fine dell’anno. “Essendovi stato, ho capito che il progetto diverrà realtà“, twittava l’analista petrolifero di UBS Maksim Moshkov. Se la situazione permane, s’invierà il messaggio preoccupante, per l’occidente, che l’industria energetica russa si riprenderà nel medio termine dalle sanzioni occidentali. La mossa della Cina su Jamal LNG e la partnership ritrovata della Russia con l’India sono passaggi chiave del piano di Mosca per minare le sanzioni occidentali. Ciò che è chiaro è che le potenze emergenti partner della Russia sono più che disposte a colmare il vuoto aperto dalla fuga degli investitori occidentali. Da parte loro, gli Stati Uniti, che recentemente hanno indicato di voler mantenere le sanzioni finché la Crimea non torna all’Ucraina, rischiano di seguire obiettivi politici che indebolirebbero la propria economica, e in particolare la futura crescita della propria industria energetica. Mentre sanzioni economiche hanno avvicinato la Russia ai suoi partner asiatici più che mai, De Margerie era sempre pronto a sottolineare l’ovvio: “Possiamo vivere senza gas russo in Europa? La risposta è no. Ci sono ragioni per viverci senza? Penso che… sia sempre no“. Mentre gli Stati membri dell’UE e il governo degli Stati Uniti cercano d’influenzare Putin sul suo corso attuale in Ucraina, dovrebbero anche pensare alle conseguenze indesiderate a lungo termine che la predetta collaborazione delle aziende russe nella regione artica potrebbe avere per le loro economie. Come affermato dall’analista del Forex Club, Aljona Afanasevna, “le crisi rappresentano sempre la possibilità di rafforzare la propria posizione in un determinato mercato” e mentre altre compagnie internazionali fuggono dalla scena, l’impegno di Total in Russia e sul piano Jamal LNG di Novatek, “garantisce dividendi futuri sotto forma di cooperazione rafforzata“. I governi occidentali e le altre compagnie energetiche dovrebbero prendere nota.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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