La dignità delle nazioni

post di Vocidallestero

  "Mentre si stanno svolgendo gli incontri tra la delegazione greca e l’euro-establishment, a prescindere da quale sarà l’esito finale, Jacques Sapir afferma che stiamo assistendo a una forte affermazione politica del sentimento nazionale contro il “comunitarismo” europeo, in cui la politica non trova espressione, ma solo l'economia. Avviene ora in Grecia, ma riguarda tutta l’Europa – e lo dimostra in Francia il successo del Front National

certamente per meriti suoi ma anche per l’incapacità dei suoi avversari di sinistra a rappresentare lo spirito nazionale.

Di Jacques Sapir, 11 Feb 2015

"Mercoledì 11 febbraio la delegazione greca ha partecipato a un incontro con i ministri delle finanze della zona euro. Giovedi 12, sarà la volta dei capi di governo. Corrono voci su ciò che Atene potrebbe – o non potrebbe – accettare. Sappiamo che il ministro delle finanze tedesco ha detto che il programma esistente dovrebbe essere attuato, cosa che il nuovo governo greco rifiuta categoricamente. Indipendentemente dai risultati di questo negoziato, c’è una cosa che, ovviamente, non è stata presa in considerazione da nessuno dei leader europei, fanatici dell’austerità tedesca: è il ritorno del sentimento nazionale.
La lotta contro la troika come una lotta per l’indipendenza nazionale.
Lo si può constatatare in tutte le dichiarazioni fatte a partire dal 25 gennaio dai nuovi politici greci, e in particolare da Alexis Tsipras e dal suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis: la lotta contro la “troika”, questa miscela esplosiva di FMI, Banca centrale europea e Commissione europea, è vissuta come una lotta per l’indipendenza nazionale. La dichiarazione fatta da Yanis Varoufakis il 20 gennaio, prima delle elezioni, lo dimostra. Egli fa un chiaro confronto tra il rigetto dei piani di austerità imposti alla Grecia e quello che lui chiama “lo spirito del 28 ottobre”: “Il vero deficit della Grecia, è un deficit di dignità. È a causa di questa mancanza di dignità che abbiamo accettato delle misure stupide, e questo ha alimentato un circolo vizioso di indegnità che a sua volta provoca malcontento, paura e risentimento. Tutto questo non va bene. Dobbiamo recuperare la nostra dignità, lo spirito che il 28 Ottobre 1940 ci ha fatto dire “no” all’ultimatum dell’Italia di Mussolini. Neanche in quel momento avevamo nemmeno i mezzi per dire “no”, eppure l’abbiamo fatto.

Immaginate un ministro delle finanze francese che paragonasse la sua politica, se fosse in contrasto con la politica europea, all’appello del Generale De Gaulle del 18 giugno 1940. Perché è di questo che si tratta. Il governo greco aveva ricevuto un ultimatum dall’Italia di Mussolini. L’ha respinto e ha scelto, nonostante un rapporto di forze apparentemente molto sfavorevole, l’opzione della guerra. Di fatto, l’esercito greco respinse le truppe italiane fino al momento in cui intervenne la Germania nazista. Per i greci, il 28 ottobre è l’equivalente del nostro 18 giugno Questo è il livello di confronto a cui il governo greco sembra essere deciso. Ciò giustifica l’alleanza che SYRIZA ha stretto con il partito di destra “anti-memorandum” l’AN.EL (i “Greci Indipendenti”). Questo accordo non è una qualsiasi “alleanza rosso-bruna“, come ragliano Colombani e Béhachelle. Si tratta di un vero e proprio accordo patriottico al fine di unire le forze esistenti in una lotta per la dignità del popolo greco.

Il sentimento nazionale contro le “identità
Bisogna arrivare a comprendere che cosa si sta giocando in Grecia, ma anche in Francia e nel resto d’Europa: è la questione di ciò che rende “Nazione”, cioè una comunità di solidarietà esistente su un determinato territorio. Non è certo un caso che la questione sia stata posta in Grecia e per la Grecia. La storia qui ha lasciato il segno. La storia della Grecia antica, ripiegata sulle identità locali, Atene contro Sparta, Sparta contro Tebe, che finirà per perdere i migliori. L’idea di una nazione greca si afferma all’inizio del XIX secolo nell’Impero Ottomano, e sotto l’influenza degli ideali della Rivoluzione francese. Questa idea, che darà vita alla Grecia moderna, tenuta a battesimo dalla flotta russa, inglese e francese nella battaglia di Navarino, è una idea centrale. Essa incorpora la comprensione che essere un cittadino greco non è una questione di religione, lingua, o di appartenenza ad una comunità locale. E’ l’idea di un progetto condiviso entro i confini della Grecia. In questo senso, lo “spirito del 28 ottobre”, a cui si rifa – giustamente – Yanis Varoufakis, è l’esatto opposto di quei punti di vista identitari che risultano molto riduttivi. Essere greco, equivale ad affermare un’identità politica e non religiosa o etnica.
 

Il ritorno della politica
Questo non significa negare che, nelle sue applicazioni locali, l’identità politica possa combinarsi con delle appartenenze locali (si pensi allo spirito degli abitanti dell’arcipelago greco) come anche a delle appartenenze religiose. Ma queste appartenenze, che nella realtà sono molto diverse, si fondano su un’idea superiore: il fatto di essere greci. E questo è un esempio per tutti i paesi europei. Più o meno impegnati nel percorso di un crescente comunitarismo, si trovano di fronte a questa prospettiva: recuperare il senso della solidarietà territoriale e definire la loro identità soprattutto politica, o morire.
Da questo punto di vista, è evidente che la scelta delle autorità europee è quella del comunitarismo come comunità nazionale. L’incredibile dichiarazione di Jean-Claude Juncker di un paio di giorni fa, “non ci può essere scelta democratica contro i trattati europei“, ne è la prova. Questo significa che, per lui, le istituzioni europee sono superiori alla volontà democratica espressa dai popoli sovrani.
L’elezione di SYRIZA ad Atene è l’equivalente, ma anche il contrappeso, del dramma che abbiamo vissuto l’ultimo 7 e 9 gennaio a Parigi. Essa dimostra che è possibile, che è realistico, che è efficace, opporre le scelte sovrane del popolo ai deliri dei tecnocrati. Ma bisogna essere consapevoli del fatto che questo contrappeso implica uno scontro diretto e immediato con le forze che operano in direzione di una confisca della nostra sovranità. Perché questa confisca è oggi una realtà. Prende la forma dei vari trattati che ci legano all’Unione europea e che sottomettono la rappresentanza democratica a un potere non eletto. Questa confisca passa anche attraverso le imprese multinazionali, che impongono, con il tacito consenso dei nostri governi e delle istituzioni europee, delle regole che consentono loro di sancire il diritto. Questa è infatti la sfida dell’accordo di libero scambio proposto tra il Nord America e l’Unione europea, il Parternariato Trans-Atlantico per il Commercio e gli Investimenti, o TTIP Questa confisca impedisce al popolo, unico detentore della sovranità nazionale, di ricostruire lo stato e dotarsi delle istituzioni che si adattano alle sue necessità, vale a dire lo Stato, per porre rimedio ai suoi problemi. 


Uno Shock Culturale
Di fronte a queste forze, di fronte alla logica della Commissione europea, l’elezione di SYRIZA ha prodotto l’effetto di uno shock culturale. Lo shock si è sentito nelle istituzioni della zona euro: è stato l’incontro tra (patetici) manager e persone impegnate in politica. Ma questo shock si fa sentire ben oltre. Esso riguarda anche noi francesi, molto direttamente. Dobbiamo tornare – ancora una volta – alle dichiarazioni di Yanis Varoufakis nella sua intervista del 20 gennaio a La Tribune: “In effetti, la Francia è in guerra con la Germania, e questo porta ad una vera e propria sottomissione della Francia, alla creazione di quella che io chiamo una “Vichy postmoderna’. E’ evidente nella politica dei governi di questi ultimi anni, sia sotto Nicolas Sarkozy che sotto Francois Hollande, come si sia costituita un’ideologia della rinuncia.
Questo ci porta oggi a interrogarci sulla strategia del Fronte della Sinistra in Francia. La disfatta, è bene chiamarla col suo nome, che ha subito nelle ultime elezioni europee è un segno della situazione di stallo strategico in cui è intrappolato. Questa disfatta, quella della sola vera sinistra di governo che noi abbiamo, lascia la sinistra orfana. Mentre in teoria tutto lasciava prevedere un importante successo, il Fronte della Sinistra non è stato in grado di approfittare della situazione e dei molteplici tradimenti dei cosiddetti “socialisti”. La causa è stata l’incapacità di collegare un discorso economico alla questione ormai centrale della sovranità nazionale. Il Fronte di sinistra non ha potuto né ha saputo rispondere a questa crisi profonda, perché il suo discorso è rimasto a livello degli effetti, non delle cause. E ha pagato un prezzo elevato in queste elezioni. Ben diverso il percorso intrapreso, almeno per ora, da SYRIZA, che assume chiaramente la difesa della sovranità.
Oggi viviamo un sentimento nazionale, non nazionalista. Questo sentimento è il prodotto delle forme stesse che ha assunto la “costruzione europea”. Questo sentimento lo viviamo a causa della reazione popolare alla confisca della sovranità. Questo è ciò che spiega la forte crescita del Front National alle ultime elezioni. Questo grande balzo in avanti è sufficiente per invalidare le analisi che lo confinano in una posizione “estrema”. E’ diventato parte centrale sia del gioco politico che del movimento delle idee. E questo lo deve tanto all’intelligenza dei suoi dirigenti, quanto alla stupidità dei suoi avversari."

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