La Cina nuova super-potenza industriale del mondo? “Pivot in Asia” di Obama e accerchiamento militare della Cina

Eric Sommer Global Research

 L’ultima visita di Obama in India ha fruttato una serie di accordi economici, militari e nucleari con l’India. La visita, e gli accordi, sottolineano il tentativo degli Stati Uniti di utilizzare il loro ‘perno in Asia’ creando alleanze militari ed economiche con altre nazioni asiatiche al fine di circondare ed isolare la Cina. L’ala militare dell”Asian Pivot’ si chiama ‘Air-Sea Battle Plan’, coinvolge progressivamente lo spostamento del 60% delle forze militari nella zona asiatica, assieme al collocamento di nuove e avanzate attrezzature e basi militari, ed alleanze con Paesi come Filippine, Corea del Sud e Giappone. L’ala economica del perno è la Trans-Pacific Partnership (TPP), un trattato di regolamentazione e investimenti regionali esclusivo che coinvolge attualmente negoziati tra Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Stati Uniti e Vietnam. Tale strategia dell’accerchiamento militare ed economico affronta tuttavia un grande ostacolo. Gli USA per ora restano l’unica super-potenza militare mondiale, grazie alle enormi spese militari, per la sicurezza e il monitoraggio online della popolazione mondiale. Ma la Cina è emersa negli ultimi sette anni come super-potenza industriale leader del mondo. Una svolta, senza precedenti storici per la sua velocità, in cui la Cina s’è mossa a velocità di curvatura negli ultimi sette anni sostituendo gli Stati Uniti quale maggior potenza industriale del mondo. Recentemente, nel 2007, la Cina aveva una produzione industriale pari al 62% di quella degli Stati Uniti. Ma nel 2011, la produzione cinese era il 120% di quella statunitense, e il divario continua a crescere. Tale superamento degli Stati Uniti da parte della Cina è il passaggio più veloce nella produzione industriale mondiale della storia economica. Nello stesso periodo in cui la produzione industriale della Cina è sostanzialmente raddoppiata, la produzione industriale degli USA si è ridotta dell’1 per cento, la produzione industriale dell’UE è diminuita del nove per cento e la produzione giapponese del 17 per cento. Tale mutamento storico della potenza industriale della Cina ha enormi conseguenze. Per cominciare, va riconosciuto che la vera ricchezza non sono denaro, azioni, obbligazioni o manipolazione di strumenti finanziari esotici come i derivati, come avviene a Wall Street. La vera ricchezza è il risultato della capacità di produrre beni e servizi utili per gli esseri umani. In Cina, le centinaia di migliaia di lavoratori industriali attivi nella sola provincia del Guangdong, superano l’intera forza lavoro industriale degli Stati Uniti, con una crescente proporzione mondiale di beni prodotti ogni anno in Cina: centinaia di milioni di calze per coprire i piedi del mondo; la maggior parte degli abiti indossati negli Stati Uniti, la maggior parte, spesso con marchi statunitensi, è made in China; computer e telefoni cellulari prodotti per l’Apple, lo sono principalmente in Cina, così come i computer portatili venduti nel mondo dalla società cinese Lenovo. La maggiore produzione annuale è di aziende statali, private o joint-venture cinesi. La maggiore produzione annuale di automobili in qualsiasi Paese del mondo avviene in Cina. E vi sono i treni magnetici ad alta velocità di fabbricazione cinese che sempre più attraversano il Paese e vengono venduti e realizzati in vari altri Paesi. L’idea che la crescita della Cina può essere ‘contenuta’ o circondata è dubbia, non solo per la capacità industriale della Cina, ma anche per il commercio internazionale che genera. Come la rivista Economist ha osservato: “Il commercio internazionale di merci della Cina effettivamente guida il mondo dal 2013. Le sue importazioni ed esportazioni combinate ammontano a quasi 4200 miliardi di dollari, superando gli USA per la prima volta“. Per correttezza va aggiunto che, quando il commercio internazionale dei servizi si aggiunge al commercio di beni manufatti, gli Stati Uniti restano ancora primi. L’industria statunitense conserva anche l’iniziativa sui metodi di produzione hi-tech, ma che va riducendosi.
I rapporti commerciali della Cina con altre nazioni asiatiche, nazioni che gli Stati Uniti cercano di corteggiare, costituiscono un particolare ostacolo nell’isolare la Cina. La zona di libero scambio Cina-ASEAN è una zona di libero scambio tra i dieci Paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico (ASEAN) e la Repubblica popolare cinese. Implementata nel 2010, la zona di libero scambio Cina-ASEAN ha ridotto a zero tariffe e dazi all’importazione per il 90% delle merci. I potenziali partecipanti al TPP sponsorizzato dagli USA sono ancora impegnati in complessi negoziati. Anche in caso di successo, la TPP sarà in primo luogo un quadro normativo e non una zona di libero scambio effettiva. Al contrario, la Cina-ASEAN è già la prima area di libero scambio in termini di popolazione, e la terza per PIL nel mondo. Oltre alla Cina, comprende Vietnam, Tailandia, Laos, Cambogia Myanmar, Filippine, Brunei, Singapore e Indonesia. Il commercio cinese con gli altri Paesi membri cresce di un sano 10% l’anno, e si attesta attualmente a circa 500 miliardi (di dollari USA) all’anno. La Cina promuove l’integrazione economica con i Paesi vicini, fornendo sostegno finanziario e tecnico nella costruzione di linee ferroviarie che collegano le città cinesi con i punti chiave dei Paesi vicini, come Vietnam e Thailandia. Da nuova super-potenza industriale del mondo, cercare di circondare o intrappolare la Cina è nel migliore dei casi un compito arduo. “Il treno”, si potrebbe dire, “ha già lasciato la stazione”.

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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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