Come Obama può perdere con grazia sull’Ucraina

MK Bhadrakumar Indian Punchline 8 febbraio 2015
La minaccia del presidente degli Stati Uniti Barack Obama che “tutte le opzioni” sono aperte in Ucraina si sta rivelando una spacconata. Ironia della sorte, gli Stati Uniti sono stati mollati da due stretti alleati, la cancelliera tedesca e il presidente francese, chiamando il bluff di Washington, mentre il Presidente russo Vladimir Putin assiste a cose più importanti, celebrare l’anniversario delle Olimpiadi invernali di Sochi (che Obama aveva boicottato) e preoccuparsi della Casa Bianca che rimugina se armare l’esercito ucraino con armi statunitensi. Merkel ha calmato un po’ le acque parlando ieri a Berlino, al ritorno da Mosca, dove era andata con Hollande per discutere di un piano di pace con Putin, “Sono fermamente convinta che questo conflitto non può essere risolto con mezzi militari. Non riesco a immaginare che la situazione migliori inviando attrezzature avanzate all’esercito ucraino spingendo il Presidente Putin ad impressionarsi tanto da credere di perdere militarmente. Devo dirlo senza mezzi termini“. Merkel non ha nemmeno aspettato 48 ore per dirlo a Obama in persona. (Dovrà recarsi a Washington). Merkel ha anche dato alcune lezioni di storia alla classe politica di Washington. Ha detto che la forza non s’è mai dimostrata una soluzione in passato, quando si tratta della Russia. “Sono cresciuta nella Germania Est, ho visto il Muro. Gli statunitensi non sono intervenuti contro il Muro, ma alla fine abbiamo vinto“. Brava! Ha punzecchiato il ‘trionfalismo’ degli Stati Uniti vincitori della guerra fredda e dovrebbe saperlo da stretta collaboratrice del cancelliere tedesco Helmut Kohl che negoziò non solo la riunificazione della Germania con il leader sovietico Mikhail Gorbachev. Il parlar chiaro di Merkel deve essere stato un brusco risveglio per gli Stati Uniti. Il punto è, l’Europa non può più farsi bastonare dagli Stati Uniti. Ogni volta che una proposta di pace è presa dal ‘gruppo Normandia’ tra Berlino, Parigi, Mosca e Kiev (presidente Petro Poroshenko), lo Zio Sam interviene a sabotarla attraverso i sostenitori della linea dura nel regime ucraino. Questo è durato troppo. Ma la rotta dei militari ucraini (istigati sulla loro potenza dalle sollecitazioni degli USA) accompagnata da sbando e crollo dell’economia, pone una scelta amara all’occidente, accontentarsi della parte tarlata dell’Ucraina (un vero ginepraio di corruzione come nessun Paese può essere) quale nuovo partner dell’Europa e fare buon viso a cattiva sorte, o lasciare che la guerra arrivi alle porte dell’Europa. Si tratta di una scelta sgradevole perché non è ciò che avrebbe dovuto portare il ‘cambio di regime’ in Ucraina. In altre parole,  ’Europa praticamente si ribella alle politiche degli USA contro la Russia. Naturalmente, il conflitto in Ucraina non minaccia la ‘sicurezza nazionale’ degli USA e la sua continuazione non farà che complicare ulteriormente le relazioni dell’Europa con la Russia, adattandosi alla cementazione della leadership transatlantica degli Stati Uniti. Ma per l’Europa, il nadir è stato raggiunto e deve separarsi dagli Stati Uniti trovando la propria via alla convivenza, se non cooperazione, con il grande vicino orientale, la Russia. Ovviamente, i mutamenti sul campo di battaglia nel sud-est Ucraina sono a favore delle forze separatiste e la strategia degli Stati Uniti d’impantanarvi la Russia è in un vicolo cieco. Basti dire che le vittorie militari delle forze separatiste sono gradite alla Russia, che costantemente sostiene un’Ucraina federata, dove le regioni russofone godrebbero di autonomia e voce in politica estera e sicurezza del Paese (garanzia permanente della neutralità dell’Ucraina). Nel frattempo, gli ultimi combattimenti inesorabilmente si allargano alla città portuale di Marjupol, la cui cattura da parte dei separatisti darà alla Russia l’accesso diretto via terra alla Crimea. Non sorprende che Poroshenko voglia disperatamente un cessate il fuoco ora, invece di perseguire ulteriormente l’opzione militare a cui gli Stati Uniti l’avevano spinto, per timore che i separatisti strappino ulteriori territori nei combattimenti dei prossimi giorni. A seguito delle consultazioni di 5 ore con Putin e Merkel, in occasione della riunione al Cremlino, il presidente Hollande ha precisato i contorni generali di una sistemazione plausibile in Ucraina, sottolineando che la Francia si opporrà all’adesione della NATO dell’Ucraina. Hollande ha rivelato che il piano che lui e Merkel hanno presentato al Cremlino prevede un zona demilitarizzata di 50-70 kmq, separando i militari ucraini dalla forze separatiste e la previsione di un’autonomia “piuttosto forte” per le regioni orientali russofone. “Queste persone sono in guerra. Sarà difficile fargli condividere una vita comune“. Merkel è sicura che il piano avrà successo, “ma, dal mio punto di vista e di quello del presidente francese, in ogni caso vale la pena fare questo tentativo. Il conflitto non può essere risolto con mezzi militari. E’ tanto più importante ora stabilire misure importanti che servano a riattivare l’accordo di Minsk“. (A proposito, questa è stata la prima visita di Merkel a Mosca dopo la crisi ucraina, e tutto indica che lei e Hollande l’hanno intrapresa senza coordinarsi con Obama).
Chiaramente, il divario appare tra Europa e Stati Uniti, e ciò avrà implicazioni a lungo termine sulle relazioni transatlantiche. Ironia della sorte, anche se Merkel e Hollande sono andati da Putin, sono gli Stati Uniti ad essere ‘isolati’. Chiaramente, Obama ha oltremisura personalizzato la questione, senza perdere occasione di rimproverare la Russia e Putin personalmente. L’ha fatto anche a Delhi, di recente, nonostante la ‘vecchia amicizia’ dell’India con la Russia. Danneggia la diplomazia quando un uomo di Stato si fa trascinare dalla propria retorica. La semplice verità è che Putin ha il sopravvento oggi e tutti trattengono il respiro per sentire cosa ha da dire a proposito del piano di pace posto sul tavolo a 4 nell’ambito del Gruppo Normandia tra Berlino, Parigi, Kiev e Mosca. Hollande ha avvertito crudamente, “Se non riusciamo a trovare non solo un compromesso, ma un accordo di pace duraturo, sappiamo perfettamente quale scenario ci sarà. Ha un nome, guerra“. Paradossalmente, Hollande e Merkel lottano contro la ‘dottrina Obama’, che aborrirebbe le guerre. “Usare la forza militare, unilateralmente se necessariamente, quando i nostri interessi fondamentali (degli USA) lo richiedano… quando i problemi mondiali non costituiscono una minaccia diretta agli Stati Uniti… quando le crisi agitano la nostra coscienza o spingono il mondo su una direzione pericolosa, ma non ci minacciano direttamente, la soglia per l’azione militare deve essere alzata“, aveva detto Obama (qui) nel suo discorso a West Point dello scorso maggio.
La linea di fondo è che l’Europa non vuole la guerra e non sarà spinta dai neocon ad eseguire la politica ucraina dell’amministrazione Obama e dei suoi alleati nel Congresso degli Stati Uniti. E’ ancora una volta l’occasione per Obama di affermarsi, come fece con coraggio e strategicamente (accettando la mano tesa di Putin) respingendo l’attacco alla Siria nel settembre 2013. E’ un errore di calcolo grave pensare che la Russia avrebbe accettato il fatto compiuto in Ucraina. In poche parole, gli interessi fondamentali della Russia sono in gioco in Ucraina, dove non vi è alcuna possibilità di compromesso. Come si poteva essere così ingenui d’immaginare che le ‘sanzioni intelligenti’ avrebbero spezzato la volontà nazionale della Russia o compromesso le sue preoccupazioni esistenziali? Il 2015 è il settantesimo anniversario della sconfitta della Germania nazista da parte dell’Armata Rossa, ed è l’occasione per un erudito come Obama di guardare alla storia russa e trarne le opportune conclusioni. Soprattutto, con due anni ancora in carica, è possibile ad Obama ripristinare la politica con la Russia. Al minimo, lasciare l’Europa indicare la strada. Può permettersi di liberarsi dai neocon e non sarà isolato, dato che l’Ucraina è un problema in cui voci contrarie, da Henry Kissinger (qui) a Noam Chomsky (qui) sono concordi nell’essere cauti nell’interesse della pace mondiale.

 Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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